London's burning dicevano i Clash nell'album dalla copertina più celebre mai dedicata ad un bassista. E Londra, a quasi 30 anni di distanza, brucia ancora in questo disco di
The Good, The Bad & The Queen.
Damon Albarn, l'Artista del Brit Pop, lascia a riposo i redditizi Gorillaz e tenta la sua operazione impossibile. Mettere in piedi il primo supergruppo "superfigo" della storia del Rock.
Convince Paul Simonon (si, proprio quello della copertina di London Calling) a riprendere in mano il basso, fa sedere il quasi settantenne Tony Allen (ex Fela Kuti) alla batteria, piazza il silenzioso Simon Tong (ex Verve) alla chitarra. Tre generazioni musicali importanti tenute assieme dalla produzione quanto mai contemporanea di Danger Mouse.
Ero stato colpito dal primo singolo
Herculean e dai pezzi che erano stati fatti girare.
Ma è solo nella sua completezza che The Good, The Bad & The Queen si rivela opera straordinaria. Misteriosa ed affascinante quanto gli umori e le influenze della città a cui è ispirata.
History Song e
80's Life (ricordate la bellissima The Universal dei Blur?) rendono immediatamente evidente quanto il disco sia volontà di Albarn. Un Albarn talentuoso, non autocelebrativo, che trae stimolo dal confronto con i fuoriclasse che lo accompagnano.
Tutto in questo disco è misurato, contenuto. I ritmi di Tony Allen, anzichè afro-beat, sono soffusi, delicatamente complessi e si amalgamano con un Simonon attento a non strafare. Gli arpeggi e i suoni di Tong si intersecano con il pianoforte di Albarn. Il risultato è musica toccante (
Green Fields). Intimamente coinvolgente (
Kingdom of Doom). Melodie non etichettabili. Piacevoli ma intense. Un disco meraviglioso. Insolito perchè pieno di ciò che più manca alla musica di questi anni: l'anima.
9/10