28 settembre 2006

Nevermind, Cox

Proprio in concomitanza con il numero del New Musical Express che celebra i 15 anni dall’uscita di Nevermind, Tom Cox (ex critico di NME) ha scritto questo articolo per l’edizione domenicale del Times.
In sintesi: Nevermind dei Nirvana non è il classico che si pensava sarebbe stato.

Amo l’abilità della stampa inglese di creare e di distruggere. E’ parte integrante di questa musica.
Tom Cox però si avventura in qualcosa di diverso. Tenta non solo di smontare un classico (operazione già di per sé impegnativa) ma addirittura di farlo con l’ultimo vero classico che la storia del Rock abbia conosciuto.

La strada scelta è “dimostrare” che Nevermind un classico non lo è mai stato e che la sua rilevanza attuale non è superiore a quella di altre opere minori.

Quali sono i criteri per considerare classico un album rock?

Che rappresenti un cambiamento?
Che sia musicalmente seminale?
Che sia influente per i propri ascoltatori?
Che valichi le soglie del mondo al quale appartiene (la nicchia) e diventi popolare ove non sarebbe potuto esserlo in precedenza?
Che non sia suonato da fantocci ma da personalità pronte a trasformarsi in icone?
Che sia rappresentativo di un genere o che lo superi per vivere di vita propria?
Che sia generazionale?

Nevermind è tutto questo.

Nevermind è la mazzata definitiva agli anni ’80. Il termine di un gusto musicale e della sua estetica.
Con Nevermind il rumore è reso digeribile, magari vomitatbile ma finalmente esiste anche per coloro che non lo avevano mai sentito. D’ora in poi non sarà più rumore affascinante come quello che ascoltavamo da soli nelle cantine. Ci farà un po’ ribrezzo sentirlo alle radio commerciali e vederlo su Mtv, là dove volevamo vedere solo Bon Jovi, ma ora esiste.
L’urlo e la disperazione entrano nel pop.
I Nirvana sono i “Pixies” (anche meglio, dai ammettiamolo una buona volta) di tutti. I “Pixies” che vendono milioni di copie.
Per la prima volta l’alternative è mainstream. Un’apparente contraddizione.

Cobain diventa un idolo grazie al successo planetario di Nevermind. Quell’insopportabile popolarità lo condurrà al suicidio che lo trasformerà in mito.

Non basta questo a Cox per definire Nevermind un classico?

Non gli basta ricordare che Cobain è stato l’ultima vera “stella cadente” della musica Rock? L’unica “vittima sacrificale” degli anni ’90. L’unica dopo le tante degli anni ’70 (anche Hendrix era di Seattle) e le nessuna degli anni ’80 (no, Ian Curtis non era abbastanza popolare, mi spiace).

Cobain indossava la maglietta “Grunge is dead” in tempi non sospetti. Quel movimento così noioso era davvero troppo stretto per lui. Il grunge era troppo “pesante” per accettare Nevermind e i Nirvana troppo belli per sottostare alla “serietà” di un Eddie Vedder qualunque.

Del grunge e della sua “seriosità” non è rimasto fortunatamente nulla.
Cox sbaglia a confondere con tanto semplicismo ciò che non era confondibile neppure al tempo.

Cox, soprattutto, farebbe bene a tener presente ciò che tante volte avrà visto accadere.
Allora e oggi come e più di 15 anni fa. Ovunque un dj selezioni “Smells Like Teen Spirit” la reazione della folla è dello stesso tipo che si scatena al suono di “Anarchy in UK”. Esattamente la stessa incontenibile, sconvolgente reazione.

Di cos’altro ha bisogno un disco per essere definito un classico?

3 commenti:

Anonimo ha detto...

bello, appassionato e documentato. complimenti per il tuo commento, la questione della definizione di che cosa sia un classico si può esaurire nella (appunto) "classica" definizione: ciò che si riverbera nel tempo e viene a costituire l'inconscio (in questo caso musicale)di più generazioni: e Nevermind risponde indiscutibilmente a questi semplici, classici, criteri.

ciao
Alberto

Anonimo ha detto...

mi viene da pensare come mai il Cox (inteso proprio come cazzone, quindi cocks) abbia voluto seguire una via argomentativa così tortuosa. giustamente chi ti vede (o\e ti ascolta...) ti crea. E' un album che appartiene a tutti, ma è più del semplice consenso, questo forse è il classico. eppoi il tempo

Anonimo ha detto...

Per me è un classico perchè è stato uno dei miei primi amori musicali da ragazzino, quando ho iniziato a capire che la musica andava oltre il Deejay Time... E perchè ancora oggi certi suoni mi vibrano il cuore