Riesco a scriverti solo ora, un po’ in ritardo. E sono così lungo nel commento che devo scriverti in due parti, perché il format del blog non mi accetta più di un 4096 caratteri. Il fatto che Assante riscriva il pezzo è emblematico, ma ha fatto comunque bene. Ho letto anche Matteo Bordone. L’approssimazione dell’articolo di Assante era talmente evidente “che si commentava da sola”. Per metterla in evidenza bastavano giusto le due righe che hai scritto: il lungo articolo di Bordone, a questo punto, sembra più una lezioncina un po’ stucchevole per quelli che eventualmente non avessero capito. Una cosa, di fatto, non l’ho capita io, ed è il riferimento che anche tu fai al sambodromo. Anzi per Bordone è proprio questa la parola chiave che svela come Assante abbia scritto l’articolo di fretta e a casaccio. Anche il titolo e la foto scelta da Bordone insistono sul concetto e questo merita una risposta. Proprio per l’importanza data a questa parola, provo a ragionarci un po’ su. L’errore originale di Assante sarebbe l’accostare le strade della Love Parade all’idea di un Sambodromo (e forse per estensione al Carnevale di Rio). Ma cos’è un sambodromo? si tratta di una struttura logistica, adottata ad esempio a Rio negli anni ‘80, dedicata in buona parte a chi assiste al carnevale da turista. In un certo senso una soluzione a problemi di gestione della presenza di tante persone, anche dal punto di vista della sicurezza (ed in questa accezione non ha proprio nulla a che fare con la colpevole disorganizzazione di Duisburg). In quanto tale potrebbe rappresentare l’aspetto “commerciale” del carnevale (la tribuna a pagamento di uno spettacolo turistico, come i cowboys a Fiabilandia) con quella nota negativa che spesso si attribuisce a questo aggettivo. E’ questo lato commerciale a dare fastidio? La Love Parade sarebbe invece commercialmente pura? Ho sentito e letto che quest’ultima edizione avrebbe fruttato agli organizzatori circa 50 milioni di euro, dato antipatico da riportare adesso, ma necessario per capire cos’è questa LP da tutti i punti di vista, non solo sociale o musicale, ma evidentemente anche economico. Penso allora che il problema stia da un’altra parte, nel tipo di partecipazione: che sarebbe autentica nel caso della LP e sarebbe invece una semplice “mascherata” nel caso del Carnevale, una recita ad uso e consumo dei turisti, una trasgressione forzata prevista dal calendario degli eventi. Emozioni al silicone, come le tette delle ballerine nella foto. Sappiamo veramente se è così? In un evento tanto complesso come il carnevale (che per definizione è finzione) io penso ci sia ancora spazio per lo spirito originale che l’ha generato all’incirca un’ottantina d’anni fa. In fondo anche il samba potrebbe essere liquidato come musica stupida e ripetitiva, per allungare l’elenco delle “cattive” musiche ritmiche ricordato da De Luca nel suo articolo (la cui premessa davamo per scontata e la cui conclusione addita chi si è davvero coperto di ridicolo, come Bertolaso). (continua...)
Io stesso che pure starei e sto dalla parte della musica d’autore, sebbene popolare e brasiliana, guardo al mondo del samba con assoluto rispetto e fascinazione, e spesso non mi sento all’altezza del samba e della sua fisicità. Rifuggendo perfino dalla tentazione, del tutto lecita e in molti casi opportuna, di distinguere tra un samba “in purezza”, di nobiltà popolare e per palati fini, da un samba in carnevalizia s-vendita per gente di bocca buona e facili appetiti. Le analogie (come le differenze) sono talmente evidenti che la colpa di Assante è forse quella di aver usato una scorciatoia perfino banale. Non vorrei che “l’accanimento” nei confronti del sambodromo fosse altrettanto frettoloso del primo articolo di Assante. Love Parade figata, Carnevale pagliacciata se va bene, puttanaio se va male. Il nostro mondo, le nostre storie più vere delle “loro”? Un po’ troppo semplice anche questa conclusione. O no? Ieri in TV (Italia1, un programma sugli anni ’80) Eva Robin’s (il cui charme non si discute) faceva un discorso che in qualche modo associo a questo del sambodromo. Negli anni ’80 noi trans eravamo qualcosa di veramente dirompente, mica questi trans di oggi (per coincidenza, o forse no, in grande parte brasiliani) che cercano la facile popolarità non appena un qualsiasi caso Marrazzo apre loro la porta della tv. Anche qui un distinguo, noi sì, loro no, l’affermazione di un marchio di autenticità, una DOC, una DOGC in qualche modo negata a queste forme degenerate rispetto al modello autentico, originale. Con un pizzico di snobismo sinistrese che nulla perdona a questi trans originati dalle periferie delle città brasiliane. Chiudo la questione e torno un attimo al succo del discorso. Gli interventi valutati con interesse, come quello di Covacich sul Corriere, hanno in comune il fatto di riportare le sensazioni provocate su chi scrive da un episodio tanto drammatico quanto, per certi versi, “banale”. Sensazioni che possono essere semplicemente una riflessione sul proprio modo di affrontare le cose, sull’incoscienza, l’angoscia, sull’invecchiare con prudenza, come nel caso di Covacich appunto. Che con Giordano Bruno Guerri ha in comune il fatto di non lavorare alla redazione musica e spettacolo (fatto da prendere in considerazione). Il brutto dell’articolo di Assante è forse quello di non aver provato (e di conseguenza trasmesso) nulla. Leo almeno suggerisce a chi ne sa poco o niente (come me) un titolo per non farsi un’idea sbagliata. Un consiglio da girare anche ad Assante. Ciao!
goodnight: Direi fondamentalmente: touchè. Fossi in te proverei a chiedere a Bordone, data la rilevanza di quel termine nelle sue considerazioni. Chissà tu non sia fortunato. Per quanto mi riguarda non conoscendo la reale esistenza di quella parola (sambodromo) e riconducendomi solo alla sua discutibile assonanza ho semplicemente pensato ad un neologismo per descrivere Love Parade come carnevalata senza la storia del samba. E' ciò che nel mio intimo penso di Love Parade. Una cosa nei confronti della quale non provo alcuna attrazione e a cui temo mi annoierei sentendo la mia estraneità. Ma era proprio questo l'elemento che mi pareva così fuori tema nell'articolo di Assante. Una sua considerazione di gusto nei confronti di una tragedia.
caro onan, in effetti dovrei chiedere a bordone, ma a me piaceva e interessava parlarne con te e proprio in questo spazio. In effetti sostituendo a sambodromo l'idea di "un carnevale senza la storia del samba", le cose assumono già un altro senso. E, proprio come te, anch'io rischierei di sentirmi estraneo e fuori posto in questi carnevali. Ti dedico un samba nel blog!
5 commenti:
Riesco a scriverti solo ora, un po’ in ritardo. E sono così lungo nel commento che devo scriverti in due parti, perché il format del blog non mi accetta più di un 4096 caratteri.
Il fatto che Assante riscriva il pezzo è emblematico, ma ha fatto comunque bene. Ho letto anche Matteo Bordone.
L’approssimazione dell’articolo di Assante era talmente evidente “che si commentava da sola”. Per metterla in evidenza bastavano giusto le due righe che hai scritto: il lungo articolo di Bordone, a questo punto, sembra più una lezioncina un po’ stucchevole per quelli che eventualmente non avessero capito.
Una cosa, di fatto, non l’ho capita io, ed è il riferimento che anche tu fai al sambodromo. Anzi per Bordone è proprio questa la parola chiave che svela come Assante abbia scritto l’articolo di fretta e a casaccio. Anche il titolo e la foto scelta da Bordone insistono sul concetto e questo merita una risposta. Proprio per l’importanza data a questa parola, provo a ragionarci un po’ su.
L’errore originale di Assante sarebbe l’accostare le strade della Love Parade all’idea di un Sambodromo (e forse per estensione al Carnevale di Rio).
Ma cos’è un sambodromo? si tratta di una struttura logistica, adottata ad esempio a Rio negli anni ‘80, dedicata in buona parte a chi assiste al carnevale da turista. In un certo senso una soluzione a problemi di gestione della presenza di tante persone, anche dal punto di vista della sicurezza (ed in questa accezione non ha proprio nulla a che fare con la colpevole disorganizzazione di Duisburg). In quanto tale potrebbe rappresentare l’aspetto “commerciale” del carnevale (la tribuna a pagamento di uno spettacolo turistico, come i cowboys a Fiabilandia) con quella nota negativa che spesso si attribuisce a questo aggettivo. E’ questo lato commerciale a dare fastidio? La Love Parade sarebbe invece commercialmente pura? Ho sentito e letto che quest’ultima edizione avrebbe fruttato agli organizzatori circa 50 milioni di euro, dato antipatico da riportare adesso, ma necessario per capire cos’è questa LP da tutti i punti di vista, non solo sociale o musicale, ma evidentemente anche economico. Penso allora che il problema stia da un’altra parte, nel tipo di partecipazione: che sarebbe autentica nel caso della LP e sarebbe invece una semplice “mascherata” nel caso del Carnevale, una recita ad uso e consumo dei turisti, una trasgressione forzata prevista dal calendario degli eventi. Emozioni al silicone, come le tette delle ballerine nella foto. Sappiamo veramente se è così? In un evento tanto complesso come il carnevale (che per definizione è finzione) io penso ci sia ancora spazio per lo spirito originale che l’ha generato all’incirca un’ottantina d’anni fa. In fondo anche il samba potrebbe essere liquidato come musica stupida e ripetitiva, per allungare l’elenco delle “cattive” musiche ritmiche ricordato da De Luca nel suo articolo (la cui premessa davamo per scontata e la cui conclusione addita chi si è davvero coperto di ridicolo, come Bertolaso). (continua...)
Io stesso che pure starei e sto dalla parte della musica d’autore, sebbene popolare e brasiliana, guardo al mondo del samba con assoluto rispetto e fascinazione, e spesso non mi sento all’altezza del samba e della sua fisicità. Rifuggendo perfino dalla tentazione, del tutto lecita e in molti casi opportuna, di distinguere tra un samba “in purezza”, di nobiltà popolare e per palati fini, da un samba in carnevalizia s-vendita per gente di bocca buona e facili appetiti.
Le analogie (come le differenze) sono talmente evidenti che la colpa di Assante è forse quella di aver usato una scorciatoia perfino banale.
Non vorrei che “l’accanimento” nei confronti del sambodromo fosse altrettanto frettoloso del primo articolo di Assante. Love Parade figata, Carnevale pagliacciata se va bene, puttanaio se va male. Il nostro mondo, le nostre storie più vere delle “loro”? Un po’ troppo semplice anche questa conclusione. O no? Ieri in TV (Italia1, un programma sugli anni ’80) Eva Robin’s (il cui charme non si discute) faceva un discorso che in qualche modo associo a questo del sambodromo. Negli anni ’80 noi trans eravamo qualcosa di veramente dirompente, mica questi trans di oggi (per coincidenza, o forse no, in grande parte brasiliani) che cercano la facile popolarità non appena un qualsiasi caso Marrazzo apre loro la porta della tv. Anche qui un distinguo, noi sì, loro no, l’affermazione di un marchio di autenticità, una DOC, una DOGC in qualche modo negata a queste forme degenerate rispetto al modello autentico, originale. Con un pizzico di snobismo sinistrese che nulla perdona a questi trans originati dalle periferie delle città brasiliane.
Chiudo la questione e torno un attimo al succo del discorso. Gli interventi valutati con interesse, come quello di Covacich sul Corriere, hanno in comune il fatto di riportare le sensazioni provocate su chi scrive da un episodio tanto drammatico quanto, per certi versi, “banale”. Sensazioni che possono essere semplicemente una riflessione sul proprio modo di affrontare le cose, sull’incoscienza, l’angoscia, sull’invecchiare con prudenza, come nel caso di Covacich appunto. Che con Giordano Bruno Guerri ha in comune il fatto di non lavorare alla redazione musica e spettacolo (fatto da prendere in considerazione).
Il brutto dell’articolo di Assante è forse quello di non aver provato (e di conseguenza trasmesso) nulla. Leo almeno suggerisce a chi ne sa poco o niente (come me) un titolo per non farsi un’idea sbagliata. Un consiglio da girare anche ad Assante. Ciao!
goodnight: Direi fondamentalmente: touchè.
Fossi in te proverei a chiedere a Bordone, data la rilevanza di quel termine nelle sue considerazioni. Chissà tu non sia fortunato.
Per quanto mi riguarda non conoscendo la reale esistenza di quella parola (sambodromo) e riconducendomi solo alla sua discutibile assonanza ho semplicemente pensato ad un neologismo per descrivere Love Parade come carnevalata senza la storia del samba. E' ciò che nel mio intimo penso di Love Parade. Una cosa nei confronti della quale non provo alcuna attrazione e a cui temo mi annoierei sentendo la mia estraneità. Ma era proprio questo l'elemento che mi pareva così fuori tema nell'articolo di Assante. Una sua considerazione di gusto nei confronti di una tragedia.
caro onan, in effetti dovrei chiedere a bordone, ma a me piaceva e interessava parlarne con te e proprio in questo spazio. In effetti sostituendo a sambodromo l'idea di "un carnevale senza la storia del samba", le cose assumono già un altro senso. E, proprio come te, anch'io rischierei di sentirmi estraneo e fuori posto in questi carnevali. Ti dedico un samba nel blog!
goodnight: grazie!
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